Dai flashmob sui balconi all’hashtag sui social #musicacheunisce lanciato dall’omonima trasmissione Rai. La quarantena degli italiani è piena di Musica. Dall’Inno Nazionale risuonante dalle radio ai tanti live in sync realizzati su facebook, youtube e instagram dai musicisti nostrani, più e meno noti. Alle note italiane si sono aggiunte le ugole internazionali, con dediche canore al nostro Paese: Bono Vox e Michael Stipe che hanno fatto uscire uno nuovo singolo ispirati dal Covid-19; Joan Baetz ha auspicato il “mondo di amore” di Gianni Morandi, e tanti artisti di tutti i generi musicali si aggiungono alla lista, da Sting a Robbie Williams. Finanche il “menestrello del Folk” e Premio Nobel, Mr. Bob Dylan è tornato a far sentire la sua voce, dopo 8 anni (con un pezzo di 17 minuti su JFK).
Abbiamo chiesto a Lello Savonardo, docente all’Università Federico II di Napoli di “Teorie e Tecniche della Comunicazione” e “Comunicazione e Culture Giovanili” ed autore del volume Sociologia della Musica. La costruzione sociale del suono dalle tribù al digitale se quest’ondata musicale è frutto di una necessità emotiva o se ha radici più profonde.
Innanzitutto Prof. Savonardo che fa e cosa può fare una musica?
La musica è una straordinaria tecnologia della memoria e del ricordo, contribuisce alla costruzione sociale delle nostre identità individuali e collettive e “racconta” le nostre storie, il nostro vissuto quotidiano, le emozioni e le esperienze che accompagnano la nostra vita personale e collettiva. Favorisce l’aggregazione sociale e alimenta il senso di appartenenza alla comunità di riferimento, oltre che generare processi di condivisione emozionale.
Immagino che queste qualità vengano amplificate in questo tempo di emergenza.
Sì. In questo momento storico, in cui lo smarrimento, il disorientamento e la crisi dei tradizionali punti di riferimento stanno caratterizzando lo stato di emergenza sanitaria globale, la musica riesce a “ri-connetterci” con noi stessi e con gli altri, contribuendo alla riscoperta delle nostre identità individuali e collettive, e non solo. “Un musica può fare”, parafrasando Max Gazzè, questo e molto di più. Le campagne di sensibilizzazione #iorestoacasa e #distantimauniti, che hanno visto la testimonianza di molti artisti della musica e protagonisti dello sport, ma anche le manifestazioni spontanee di molti musicisti che, attraverso le pagine dei loro social, hanno condiviso canzoni e riflessioni, dimostrano come l’arte, la musica e la cultura possano contribuire a generare buone pratiche di solidarietà e condivisione.
Lei è anche autore per Federica Web Learning del primo MOOC su I linguaggi della creatività. Crede che questo tempo sospeso, tra smart-working e autoisolamento, possa tramutarsi in tempo di creatività?
Come in ogni momento drammatico e/o di passaggio, le nostre routine, le abitudini, il nostro “senso comune” e la realtà che noi diamo per “scontata” entra profondamente in crisi, generando nuovi scenari. La trasformazione in atto apre a nuovi linguaggi, nuove modalità di interazione con il mondo, in ogni campo, dalla trasmissione dei saperi e della conoscenza ai linguaggi della creatività. In questo caso, stiamo riscoprendo l’utilizzo delle tecnologie digitali, in una modalità più consapevole e sicuramente funzionale al momento di crisi che stiamo vivendo, ma anche nuove forme di aggregazione e condivisione delle emozioni, che passano sui nostri balconi o sulle nostre pagine social. Questo è un momento di passaggio, ci sarà un prima e un dopo. La Pasqua, simbolicamente, potrebbe segnare una nuova resurrezione sociale e culturale, un risveglio di coscienza.
Sicuramente, per voi sociologi, l’Italia che resta a casa è un fenomeno da analizzare dato che offre un campo di osservazione unico ai comportamenti sociali. È aperta a tutti la possibilità di partecipare alla ricerca dell’Osservatorio Giovani Covid-19. Abitudini, relazioni, lavoro. Ce ne può parlare in breve? C’è qualche anticipazione che può darci dai dati parziali raccolti.
Sicuramente, stiamo vivendo una fase inedita della nostra vita sociale, oltre che individuale. L’Osservatorio Giovani dell’Ateneo Federico II di Napoli, di cui sono coordinatore scientifico, sta promuovendo un questionario che in questa fase delicata del nostro Paese, possa registrare le modalità di cambiamento delle abitudini dei cittadini sia sul piano delle relazioni sociali che sul versante delle attività professionali, oltre ad indagare la percezione delle forme di comunicazione scientifica e istituzionale, attraverso i media tradizionali e digitali sull’emergenza Covid-19. L’obiettivo della ricerca è avere traccia delle rilevanti trasformazioni sociali e culturali determinate dall’emergenza che stiamo vivendo, ma anche le visioni e le prospettive di futuro che si stanno generando in questa fase di disorientamento collettivo e individuale. Non posso fornire anticipazioni poiché stiamo ancora raccogliendo i dati e al momento hanno risposto al questionario online circa 1000 cittadini italiani. I primi risultati li avremo dopo Pasqua.
In attesa dei risultati, è possibile approfondire il legame tra forme artistiche e società, in particolare nei più giovani, grazie al MOOC I linguaggi della creatività, frutto delle sue ricerche, realizzate in oltre dieci anni, relative alla sociologia della Musica e all’analisi dei linguaggi e delle culture giovanili.
Sono felice che il ciclo di seminari “I linguaggi della creatività” sia diventato un MOOC di Federica. Per me rappresenta anche l’occasione di far confluire in un corso online aperto a tutti alcune delle principali teorie sulla sociologia della musica e sulla popular music contenute nelle mie pubblicazioni e ricerche di questi ultimi 15 anni. Studi che hanno avuto una diffusione internazionale, in tutto il mondo francofono, grazie al mio libro “Sociologie de la musique”, pubblicato da “L’Harmattan”. In queste pubblicazioni, e in particolare nei recenti volumi “Bit Generation” e “Pop music, media e culture giovanili”, sono centrali le riflessioni sulle nuove generazioni, sui loro linguaggi e le diverse forme espressive, che con l’uso delle tecnologie digitali stanno generando nuovi scenari comunicativi e culturali. Il rapporto tra arte e società esprime da sempre una dialettica costante e di influenza reciproca, in tutte le epoche. Dall’avvento dei mass media e con l’emergere della categoria sociale dei giovani, dagli anni Cinquanta in poi, le forme artistiche ed espressive delle nuove generazioni hanno favorito lo sviluppo di nuove tendenze e inediti linguaggi creativi, attraverso le diverse sottoculture giovanili, dalla “Beat Revolution” alla “Bit Generation”. I giovani sono tra i principali interpreti del mutamento e attraverso le loro culture e i loro linguaggi assorbono e reinterpretano, ridefinendoli, i segnali distintivi delle trasformazioni sociali che caratterizzano la società contemporanea.
Nel MOOC, ci sono interventi esclusivi dei cantautori: Ligabue, Britti, Edoardo Bennato e anche i mai dimenticati Mango e Lucio Dalla ed ognuno conversa sui punti imprescindibili alla propria creatività. Che ricordo ha di quegli incontri?
Il ciclo di seminari “I linguaggi della creatività” ha rappresentato e rappresenta una sfida particolarmente significativa al sistema didattico universitario tradizionale dell’accademia italiana. Credo che rappresenti il consolidamento di un nuovo modo di fare didattica, anche attraverso il contributo e le “lezioni” di artisti rilevanti della scena musicale italiana, di ieri e di oggi. Gli artisti rappresentano rilevanti testimoni privilegiati, non solo dei linguaggi e delle culture giovanili, ma anche dei mutamenti e delle trasformazioni sociali e tecnologiche che stanno caratterizzando la contemporaneità. La loro testimonianza ci permette di osservare i fenomeni culturali da diverse angolazioni, che contribuiscono alla analisi sociologica attraverso sensibilità e prospettive “altre”. Di questi incontri ricordo lo “stupore”, il mio, quello degli studenti, quello dei miei colleghi docenti e quello degli artisti, in un’interazione emozionale e conoscitiva, in un percorso di trasmissione reciproco di conoscenze, inedito per le aule universitarie, in cui il sapere dell’esperienza diviene rilevante e formativo, come il trasferimento delle teorie accademiche tradizionali.
Cosa ci lascerà l’esperienza collettiva di questa emergenza?
Quando saremo “fuori dal tunnel” probabilmente la nostra comunità sarà più consapevole e matura, pronta a rimettersi in piedi, come accade dopo ogni tragedia. In questi giorni, dalle nostre case, siamo “always on”, connessi al mondo mentre il “mondo” entra nelle nostre case attraverso i mezzi di comunicazione di massa e i media digitali. Spero che, fra qualche settimana, potremmo nuovamente attraversare parchi, strade e piazze, con i nostri piedi, i nostri sorrisi e i nostri abbracci al mondo.