Come ogni lingua, l’italiano è un mezzo di comunicazione che ha subìto mutamenti nel corso del tempo e nello spazio geografico, perciò è impossibile identificare con assoluta precisione il momento esatto della sua nascita.
L’italiano, insieme alle altre lingue romanze, deriva dal latino popolare ed è il risultato di una trasformazione linguistica durata secoli, complici anche i cambiamenti storico-politici che hanno travolto la penisola italica tra il IV e il X secolo d.C.
Sono pochissime le testimonianze scritte risalenti a quel periodo, poiché la lingua volgare – al contrario del latino classico – veniva messa su carta solo per fini pratici, ad esempio transazioni commerciali o atti giuridici. E in effetti, il primo testo che può essere riconosciuto come il più antico in lingua italiana è il Placito Capuano, una testimonianza, registrata nel 960, riguardante una disputa per la proprietà di alcuni confini fondiari tra il Monastero di Montecassino e un latifondista minore.
Nel documento, tre testimoni difendono i monaci Benedettini, affermando che le terre contese sono appartenute al loro Monastero per trent’anni. La formula usata nella deposizione, «Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti» presenta evidenti forme volgari, creando un netto contrasto con il linguaggio notarile latino, forse per trasmettere la genuinità della parola messa agli atti.
La neonata lingua italiana – o meglio, la variante volgare al suo stato embrionale – è stata presa in considerazione come lingua letteraria solo nel tardo Medioevo, quando alcuni autori di spicco iniziarono ad adottarla per le opere destinate non soltanto alle cerchie ristrette di intellettuali, ma anche al pubblico della corte. Ovviamente, il latino continuò a essere la lingua della cultura e della religione fino al XVII secolo, poiché le numerose varietà regionali non fornivano ai letterati uno strumento di comunicazione che li unisse, in un’epoca in cui una unità politica appariva irraggiungibile.
Chi ha inventato la lingua italiana?
Nella storia della lingua italiana grande rilevanza hanno avuto Dante Alighieri, Pietro Bembo e Alessandro Manzoni, teorici e innovatori dell’italiano, particolarmente interessati al tema delle differenze stilistiche di scritto e parlato: Dante fu il primo a intuire le potenzialità del volgare, Bembo ne stabilì le regole, Manzoni conferì valore letterario all’oralità.
Usando il dialetto fiorentino in molte sue opere, Dante elevò il volgare a lingua illustre, dedicando alla questione il noto trattato latino De vulgari eloquentia, purtroppo rimasto incompiuto. Su suo esempio, molti intellettuali scelsero di scrivere in volgare i loro capolavori, si pensi al Canzoniere di Petrarca o al Decameron di Boccaccio.
Ad affermarsi fu dunque il modello linguistico fiorentino, ma le sue regole furono fissate dal veneziano Bembo. Nelle sue Prose della volgar lingua, pubblicato nel 1525, egli elencò le caratteristiche necessarie alla lingua italiana per consolidarsi: prese a modello lo stile di Petrarca per la poesia e quello di Boccaccio per la prosa, poiché già avevano superato la prova del tempo.
Infine, fu il milanese Manzoni a dare ufficialità all’italiano, usando nel suo capolavoro I Promessi Sposi la lingua parlata, adattandola ai personaggi e alle diverse situazioni, rifiutando fin dalle prime pagine il linguaggio antiquato del manoscritto seicentesco da cui finge, per espediente narrativo, di ricavare la storia.
Com’è cambiata la lingua
Numerosi sono stati i mutamenti che hanno coinvolto i fonemi, la morfologia, la sintassi, il lessico e la semantica latina, portando alla formazione, nei secoli, della lingua italiana. Innanzitutto, sono scomparsi i casi, sostituiti dall’uso degli articoli e delle preposizioni, ed è scomparso anche il genere neutro, rimpiazzato dal maschile. Ciò ha portato a una minore libertà dell’ordine delle parole nelle frasi, il cui significato può totalmente cambiare a seconda della posizione di un sostantivo o di un verbo.
A proposito di verbi, l’italiano ha visto la formazione di voci verbali composte, nate dal legame del participio passato di un verbo con un ausiliare, di chiara derivazione dal latino volgare, che univa il participio passato al verbo habeo.
Infine, i periodi, complessi e pieni di subordinate, sono divenuti col passare del tempo più semplici e immediati, le frasi in italiano sono più brevi e composte per lo più di coordinate. Inoltre, nonostante la maggior parte del lessico sia di derivazione latina, molte parole italiane non hanno conservato il significato d’origine, ma si sono evolute in qualcosa di diverso, influenzate anche dalle lingue di ceppi differenti.
Quante persone parlano italiano oggi?
L’italiano è la lingua madre di circa 63 milioni di persone ed è appresa come seconda lingua da altri 3 milioni. Oltre che in Italia, è la lingua ufficiale di San Marino, Svizzera e Città del Vaticano, ma è diffusa anche in certe zone croate, slovene e albanesi, dove esistono piccole comunità di origine italiana. Lo stesso accade in Sud America e negli Stati Uniti, in cui molti italiani emigrarono tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX. Ad oggi, l’italiano è la quinta lingua straniera più studiata negli U.S.A.
Infine, in Africa, nelle ex colonie come Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia, la lingua italiana è parlata dai commercianti e dai discendenti dei colonizzatori.
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